MONOGRAFIA Yves Bonnefoy – Dévotion. Cesare Greppi – Dal Confine. Günter Kunert – Sparse sul sentiero del bosco. – Nel sentiero d’ombra Pavlos Màtesis – Per la pittura di Roberto Demarchi da uno scrittore che impara a scrivere da Goya. Titos Patrikios – Caos e luce nella pittura di Roberto Demarchi. Camillo Pennati – I fondi nero di Demarchi. Giovanni Raboni – Come uno che sta sognando e sa Roberto Rossi Precerutti – La città della mente di Roberto Demarchi. – A un remoto fiammeggiare. Omaggio a Roberto Demarchi. Emanuele Severino – Luce che brilla ovunque, oscurità dei sentieri, potenza della verità. Andrea Zanzotto – (Giù, lungo la stradella nella forra con viva corrente). | CAOS E LUCE NELLA PITTURA DI ROBERTO DEMARCHI di Titos Patrikios Ogniqualvolta ci riprendiamo da un grande sconvolgimento, o sopravviviamo a una sciagura che si rivela più catastrofica di quanto fosse il suo annuncio minaccioso, tiriamo un sospiro di sollievo, e pensiamo che da quel momento in poi vivremo finalmente in un sistema equilibrato (kosmos), in un ordine accettato e conoscibile universalmente. Non passa però molto tempo ed ecco l’amara constatazione: siamo di nuovo sull’orlo del caos (chaos). Non quel piccolo, comodo caos che dà sapore alla quotidianità della nostra vita, ma quello assoluto, insaziabile, che minaccia di inghiottire sia noi sia l’universo intero. Tali vorticosi corsi e ricorsi che dal disordine conducono all’ordine e da qui di nuovo al disordine, dall’incertezza alla certezza e poi di nuovo all’incertezza, sono da secoli oggetto di riflessione di numerosi pensatori, che li hanno interpretati ciascuno con la sua sensibilità, e in certi casi hanno anche cercato dì farne le colonne portanti di un sistema concepito come messaggio salvifico per chiunque avesse accolto la loro fede, e come maledizione per chiunque l’avesse respinta. Cose note, si dirà , ma di cui non si è mai consapevoli abbastanza da gettare la luce necessaria sulla natura oscura e turbinosa degli impulsi che mirano a delimitare la nostra natura, in modo da contrapporvi i nostri impulsi e sfuggire così all’abisso verso cui ci sospingono.Naturalmente la scrittura registra tali esperienze, a volte anzi ne fornisce la formulazione costitutiva, cosa del resto tutt’altro che facile, giacché esprimere una nuova concezione della realtà significa operare interventi profondi nel corpo stesso della lingua.Ma se questo è difficile per la letteratura, lo è infinitamente di più per le arti visive, giacché esse non descrivono né analizzano la realtà in movimento, ma la ricreano attraverso un istante di immobilità, che condensa il movimento.Il caos (chaos), le tenebre, la luce (phos) sono termini carichi di significato emotivo e intellettuale, ed è così, nella loro forma greca, che Roberto Demarchi li usa in un suo testo.Nella sua arte tuttavia essi cessano di essere semplici parole e diventano concetti puri. Nelle opere di Roberto Demarchi il caos non è rappresentato, come spesso accade, dalla vaghezza della retorica, ma si cristallizza in una forza che cerca di eliminare la luce, di imporre il dominio delle tenebre.Nel contempo però, attraverso un’atemporalità che presuppone tutto il tempo passato, si concretizza anche la luce, a sua volta forza che genera i colori, evidenzia i contorni, sottolinea i volumi, si oppone alle tenebre, delimita il caos.Forze antitetiche, dunque, che devono essere in equilibrio se non si vuole che l’opera esploda.Garante dell’equilibrio, nei quadri di Roberto Demarchi, è la geometria, che armonizza i dettagli, regolarizza le proporzioni e rende nette le dimensioni, in poche parole governa con fermezza le forze divergenti. Una geometria, d’altronde – come si percepisce analizzando le opere dì Roberto Demarchi non singolarmente ma come parti di un tutto -mai soverchia, al contrario, essa è dotata di un’estrema flessibilità che ne insidia la natura stessa.Così le opere di Roberto Demarchi, sebbene concluse, si mostrano disponibili ad accogliere un’ arcbè – nel duplice significato greco di ‘principio’ e di ‘causa primaria’.Ed è proprio tale consistenza di ‘conclusione’ (telos) e di principio’ ( archè) la cifra che ci induce a riconsiderare, traendone un godimento nuovo, le opere di Roberto Demarchi, e nel contempo a ripensare la nostra sorte di prigionieri tra il tenebroso fluire del caos e l’abbagliante trasparenza della luce, tra la precisione e la durata che desideriamo per le nostre opere, e la mutevolezza e la provvisorietà del nostro io. |