MONOGRAFIA Yves Bonnefoy – Dévotion. Cesare Greppi – Dal Confine. Günter Kunert – Sparse sul sentiero del bosco. – Nel sentiero d’ombra Pavlos Màtesis – Per la pittura di Roberto Demarchi da uno scrittore che impara a scrivere da Goya. Titos Patrikios – Caos e luce nella pittura di Roberto Demarchi. Camillo Pennati – I fondi nero di Demarchi. Giovanni Raboni – Come uno che sta sognando e sa Roberto Rossi Precerutti – La città della mente di Roberto Demarchi. – A un remoto fiammeggiare. Omaggio a Roberto Demarchi. Emanuele Severino – Luce che brilla ovunque, oscurità dei sentieri, potenza della verità. Andrea Zanzotto – (Giù, lungo la stradella nella forra con viva corrente). | I FONDI NERO DI DEMARCHI di Camillo PennatiAffiora da un ‘600 all’ultramodernità in una sontuosità cromatica di possente fascinazione silenziosa a riaffondare come nel peso smagliante e di grande trascinazione delle campiture a fasciami orizzontalmente disposti variandone le dimensioni e il significante cromatismo, con inserti talvolta di evidenziate squadrature a rivelarneuna necessità di presenza strutturale: ogni fondo nero di Roberto Demarchi. Se non anche da tonalità timbri che pompeiane e orientali, le cui antiche smorzature del tempo rese vibranti nella rimemorante intemperie dell’adesso. L’artista commette al suo falegname pannelli multistrato di precise e variate misure che così dovranno tradurre spazialmente i progetti-idea da lui in precedenza schizzati su carta in qualsiasi luogo o momento della giornata e da cui deriveranno le predeterminate dimensioni pittoriche delle singole tavole. Spazio quindi come misura del pensiero già cromaticamente ideato. Materia e colore daranno l’idea delle forme con cui Roberto Demarchi narra stesure di colori ‘senza nessuna finalità altra che del pensiero’.E aggiunge, del suo lavoro: ‘come affondare in un mistero… non mi sento autore ma strumento di una necessità.? Ogni pannello ha un suo fondale nero i cui bordi lasceranno quasi sempre un’incorniciatura variante l’intensità lo stesso colore a contornare ogni opera sorprendentemente diversa nelle cromie delle bande e dei riquadri qua e là incastonati. E la genesi di ciò che ogni volta espressivamente rivelano parte da forme che ne determinano la perimetrazione, spesso all’interno incastonata in lineari bordi nero pece quasi in rilievo se non da perimetri sfrangiati a seconda di come si svolgano e si inquadrino le varie stesure orizzontali e i volumi verticali all’interno di quella fluidità di trasparenze da cui ogni lucidità assorbita dalla superficie lignea traspare, oltre la variazione delle stesse venature e nervature, in luminescenze smaltate o in zone silenziosamente opache. Quadri alcuni che si direbbero come riflessioni sulla pittura del passato: ecco certe campiture che parrebbero liquefarsi in stagni su cui non galleggiano quelle così memorabili ninfee. Ecco presenze d’azzurri da neri che prendono qui a dirsi d’un contemporaneo colore. E i colori campiti sul nero sfumato o bituminoso che si smargina sulle incorniciature: strisce di viola opachi, azzurri blu o turchesi e rossi e verdi scuri e gialli e rosa ocra e ancora gialli con trasparenze acquatiche arancione da cui traspaiono sempre o dirette o per luce radente le nervature del fondale ligneo e in tuttele varie fasce orizzontali a diversi livelli prospettici e a variate rifrazioni della luce a seconda del materiale usato: paste e mastici e smalti e aniline e segatura e colla e olii o acrilici. Come non sorprendersi a risovvenimenti di un Klee, di uno spettrale Mondrian, di muri e tetti di un de Staël fino alle meditabonde ‘facciate’ di un Rothko, dove qui gli strati si intridono o si slabbrano su altri sottostanti colori o vibrano o si sprofondano i variazioni piùsegmentate di fasce orizzontali dense e profonde di sensuosità cromatiche. La composizione X05 del marzo 2001 è il magma creativo da cui si è sviluppato tutto il Ciclo di Perì physeos. Ciclo di quadri memorabili, tra cui citerei, per mia predilezione, X22, X23, X33, X36, X44, X50,X57, X62, X67, X75, X85 e XY50. Pittura che per Roberto Demarchi è meditata raffigurazione del pensiero sotteso a palesarla ‘come luce e forme geometriche elementari che si compongono tra di loro in rapporti numerici emergendo dal nero di fondo. ‘E per l’astante, tra cui m’annovero, l’illuminante godimento di ciò che ne proviene in rifrangenze da quelle trame e quegli orditi di colori come un’intensa suggestione a frangersi d’iirretimento sui pori stessi d’ogni singolo stupore e impressionandoli. Poiché visibilmente tra di questi già si appalesa qualche capolavoro di questo iniziale millennio. |