ROBERTO DEMARCHI: Biografia dell’autore - Dipingere le idee


Dipingere le idee

Roberto Demarchi è, insieme, studioso e pittore. Le sue creazioni nascono dall’incontro tra la sua cultura classica – è stato docente di storia dell’arte – con l’abilità pittorica di un artista che vanta ormai più di quarant’anni di esperienza.

Per Demarchi all’inizio dell’atto creativo c’è il buio. Ma non è il buio del nichilismo: è il buio che precede l’origine. E’ il momento dell’oblio dello studio “accademico”: della filosofia, della Bibbia, delle arti… Solo dalla dimenticanza può nascere la creatività: se ricordasse, l’opera non potrebbe essere rinnovata e pura. E’ l’istante in cui il suo io pittorico dialoga – forse inconsciamente – con gli archetipi culturali. E in questo istante ideale nasce la pittura di Demarchi: un’idea di luce che emerge dal buio, si carica di forza cromatica ed illumina chi osserva.

L’idea pittorica si esprime in forma geometrica e si manifesta attraverso un’armoniosa proporzione aritmetica. Un equilibrio che innerva tutta la sua opera. Dalla tavola lignea su cui dipinge – sagomata al millimetro dal falegname di fiducia – ai quadrati e rettangoli che costituiscono il suo linguaggio artistico: forme bidimensionali capaci di raccontare l’“idea”.

L’ossessiva ricerca della proporzione, però, non va a detrimento della creatività: le forme sono rese vive e dinamiche dai colori, dalle sfumature e da una continua sperimentazione di materiali e tecniche pittoriche, che danno un effetto ora bi- ora tri-dimensionale. L’uomo Demarchi mira a costruire la perfezione assoluta, ma poi deve rendersi conto che c’è una parte dell’opera che “si fa” da se stessa: le diverse reazioni dei materiali all’asciugatura, gli effetti inattesi della pasta dei colori, i giochi della luce… E’ l’Arte – o, forse, qualcosa di divino – che prende il sopravvento sull’uomo-pittore.

Egli, nella sua sapiente umiltà, vi si sottomette e – proprio così – l’opera raggiunge la sua pienezza.

La tecnica pittorica di Demarchi – dalla progettazione laboriosa e complessa e dalla realizzazione insospettabilmente rapida – tradisce la sua origine di architetto. La tavola è messa in orizzontale, come un tecnigrafo. Prima traccia il disegno. Poi lavora con i colori. Poi con gli altri materiali che daranno l’effetto “rilievo” e, infine, stende il nero. Se, come abbiamo visto, la successione ideale di Demarchi è un passaggio dal buio alla luce, quella esecutiva è, invece, opposta: dalla luce al buio. Ormai nella sua mente l’idea ha già iniziato a dipingersi.

E’ possibile provare a riassumere la pittura astratta di Demarchi – ha ormai all’attivo quasi tremila opere, di cui la maggior parte di grandi dimensioni – nel concetto di narrazioni astratte: dal buio appaiono immagini geometriche che suscitano nello spettatore un profondo senso di armonia – e, quindi, di bellezza – e che, insieme, sono capaci di una narrazione dialogica dell’“idea”.

La proporzione geometrica consente al “pittore Demarchi” di raccontare artisticamente ciò con cui lo “studioso Demarchi” si è confrontato intellettualmente: la filosofia, il sacro e l’arte. Egli ha dialogato con i filosofi presocratici – interrogandosi sul tema dell’archè, dell’origine – ha meditato a lungo sulle pagine della Bibbia – vecchio e nuovo testamento – e si è tuffato nelle bellezze della letteratura – i tragici greci, Dante… –, della musica e della storia dell’arte.

Da questi incontri sono scaturite le serie di tavole più conosciute: i Sette giorni della creazione nella Genesi, i Filosofi presocratici, il ciclo Perì Physeos, le tragedie di Eschilo, la Passione secondo Matteo di Bach, le rivisitazioni astratte dei grandi capolavori della storia dell’arte. Roberto Demarchi è riuscito a dipingere le idee.




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